P. G. T. è nato nel 1965 a Torino vive a Pinerolo e scrive da sempre racconti e sceneggiature. Ha collaborato con Il Monviso Il Piccolo di Pinerolo ex Direttore del Bollettino Comunale di Saluggia. Presidente dell’Associazione di Volontariato Gruppo SISIFO. Redattore del Progetto La lettura è magia e 10 Piccoli autori. Titolare della Libreria, Casa Editrice e Mercatino dell'usato, Hogwords di Pinerolo. Per l'acquisto dei libri o qualunque altra informazione - tomatispiergiorgio@gmail.com
giovedì 15 maggio 2014
scrittori a Pinerolo
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Ritratti di poeti e scrittori lontani che amano Pinerolo Discepoli delle Muse innamorati della Città del Pino
La nostra Pinerolo è una cittadina che racchiude luoghi suggestivi, di grande fascino, che furono apprezzati da celebri scrittori come il Bandello e il De Amicis, il Pellico e il Giacosa. Spesso, invitati dai poeti locali, che sono numerosi, giungono anche autori di altre regioni, i quali, soggiornando più volte a Pinerolo, hanno avuto modo di apprezzarne i tesori, come la Piazza del Duomo, il colle di San Maurizio con la basilica e il santuario, il Palazzo degli Acaja, la collina di Santa Brigida, la chiesa antica di San Verano ad Abbadia Alpina. Vogliamo ricordare alcuni di questi autori, i quali, con i loro scritti, sono già stati anche ospitati sulle pagine del nostro “Monviso”. Il siciliano Filippo Solito Margani, nato a Niscemi, è uno dei più schietti amanti della nostra città. Vi ha soggiornato più volte, ospite di amici poeti, e qui ha presentato alcuni suoi libri: i racconti popolari di “Cantalanotte” e i “Racconti per la sera”, la raccolta di poesie “L’età perduta”. Filippo Solito è appassionato di cultura e tradizioni popolari e dirige una fanzine letteraria, il cui titolo è “L’Archivio della Memoria” alla quale collaborano molti poeti del Pinerolese. Speriamo di averlo presto di nuovo tra noi. Un altro siciliano che frequenta periodicamente la nostra città è Gianni Notaro, di Palermo, appassionato di cinema e letteratura, Notaro ha appena pubblicato con la casa editrice pinerolese Hogwords, un libro di racconti molto avvincente, dal titolo “Favole senza zucchero”, che verrà presentato a Pinerolo in autunno. Di casa a Pinerolo è ormai, da molti anni, il poeta di Imperia Gianni Donaudi, che ha abitato a Torino per trent’anni e che ora è tornato a risiedere nella città natale. Donaudi, che è autore di un libro di racconti, dirige anche la fanzine “Emozioni”, alla quale partecipano con i loro scritti, molti poeti del Pinerolese e della provincia di Torino. Donaudi soggiorna periodicamente nella nostra città, dove ha parecchi amici, partecipando anche ad iniziative culturali, come il Premio Letterario “Città di Luserna San Giovanni” organizzato dallo Spazio Artistico Myo-Sotis. Anche il poeta e pittore abruzzese Ettore Le Donne è stato ospite nella nostra città, in occasione di un bell’incontro letterario, nel 2008, a cui presero parte anche Filippo Solito, Gianni Donaudi e Pier Luigi Verrua. Ettore Le Donne è un pittore affermato dell’Iperspazialismo, ha pubblicato un libro di versi dal titolo “Stanze dell’ascolto di Angela” ed è il creatore della fanzine “L’Oracolo”, una pubblicazione culturale che si occupa in particolare di arti figurative, mostre e letteratura. Nel tempo, inoltre, sono stati ospitati a Pinerolo anche autori come il poeta toscano di origini napoletane Maurizio Piccirillo (autore di diversi libri di poesia e racconti), la pittrice e poetessa Ive Balsamo di Clavesana (Cuneo), il poeta e docente di giornalismo Enzo Sturiale (di Torino) più volte premiato al Premio Letterario Nazionale “Città di Pinerolo”, la poetessa palermitana Anna Grasso Titolo (deceduta nel 1999) e la poetessa milanese Adriana Foresto (che era anche una apprezzata scultrice, oltre che architetto), purtroppo anch’essa deceduta, tre anni or sono. Dunque, la nostra bella Pinerolo piace ai poeti e agli scrittori che vengono da fuori, e molti fanno il possibile per tornarvi presto a soggiornare. Forse, oltre che Città della Cavalleria, non sarebbe ora di rendersi conto che Pinerolo è anche Città della Poesia?
Fabrizio Legger
martedì 13 maggio 2014
Essere Genitori: questo è il dilemma!
venerdì 18 aprile 2014
La fine del mondo
Vi racconterò una leggenda molto antica, per la prima volta trascritta nel 1967 e raccontata da Jenny Nuvola Alta, sciamano della nazione Lakota del gruppo che viveva intorno al White River nel Sud Dakota.
In un posto tra le praterie e le Badlands (regione degli Stati Uniti chiamata in questo modo dai primi colonizzatori poichè erano terre aspre e non feconde, non si poteva coltivare nulla a causa del terreno roccioso, è un luogo sacro per i Lakota poichè popolato dagli spiriti) c'era, e c'è ancora oggi, una caverna nascosta che nessuno è mai riuscita a trovare. Questa caverna è abitata da una donna molto anziana, il nome è a noi umani sconsciuto, ma essa è molto vecchia, è vestita di pelli grezze, come vestiva la gente prima che arrivasse l'uomo bianco. Lì da migliaia di anni lavora alla sua coperta e per ricamarla usa aculei di porcospini morti, come era uso dei nostri antenati. Coricato accanto a lei c'è Shunka Sapa, un cane enorme nero, che la fissa ogni momento incessantemente, non deve mai perderla d'occhio. Davanti alla vecchia c'è un fuoco che arde da millenni sul quale c'è una grossa pentola di ceramica con del wojapi (è un brodo dolce fatto con bacche rosse). Ogni tanto però la vecchia donna deve alzarsi per rimescolarlo, ma lei è troppo anziana e quindi le ci vuole molto tempo per compiere questa azione. Così mentre lei si alza, Shunka Sapa va verso la coperta ed incomincia a strappare da essa alcuni aculei di porcospino. Ciò avviene ogni qualvolta che la vecchia si volta per rimescolare il wojapi. In questo modo il suo lavoro è destinato a durare per l'eternità ed il suo ricamo rimane sempre incompleto.
Il popolo Lakota pensa che se la vecchia riuscisse a terminare il suo ricamo, proprio mentre cuce l'ultimo aculeo, allora il mondo sarebbe finito e l'uomo sarebbe scomparso.
mercoledì 19 marzo 2014
LA CRIMEa e sangue
La Crimea è una penisola appartenuta all'Ucraina fino al 11 Marzo 2014, proclamatasi repubblica autonoma ed oggi parte integrante del territorio russo. Il crollo dell'Unione Sovietica del dicembre 1991, e la "primavera" autonomista delle ex-colonie, ha spinto verso l'autogoverno il 5 maggio 1992 anche se ha prevalso l'accettazione di rimanere all'interno dell'Ucraina come repubblica autonoma. Un referendum per l'autonomia (paradossale visto che di fatto annette la Crimea all'ingombrante vicino) che la comunità internazionale ha ritenuto illegale riconsegna il territorio, la sua storia e il governo alla Russia. Gioisce Putin e imbarazza il resto del mondo. Le reazioni a questo atto bellico-politico sono variegate. Dalla fermezza di Obama alla risposta diplomatica dell'Europa, unanime è stata la condanna del leader del Cremlino. Del resto, come si può definire legittima la destituzione di un governo, le scorribande di ronde di miliziani filorussi, il passaggio di carri armati e l'appostamento di cecchini? Quello che Mosca chiama un test è un'occupazione armata in piena regola e le diplomazie del mondo sono chiamate a risolvere la questione prima che si giunga alla guerra civile. Ci riusciranno? Ci proveranno? Vedremo. Negli ultimi anni i testi di Geografia e di Storia dei nostri studenti sono cambiati tanto, forse troppo. Le lacrime e il sangue hanno bagnato la terra nella nuova era, quella della globalizzazione. Ancora una volta, la vita e l'uomo non sono stati messi al centro degli atti e delle decisioni della politica e della economia. Prima o poi, però, si dovrà farlo. Per utilità o per... necessità.
mercoledì 12 marzo 2014
L’ACCIVA
L’IVA è un’imposta sui consumi introdotta in Italia col D.P.R. n. 633 del 26 ottobre 1972, entrato in vigore il 1º gennaio 1973. I soggetti d’imposta sono 2: l’imprenditore o il professionista (passivo) che producono il bene o il servizio oggetto di compravendita e il consumatore (attivo) il quale sopporta il peso dell'IVA versata allo Stato, ossia non detrae nulla. Il sistema di calcolo si basa su detrazioni e rivalse e parte dal presupposto che ad ogni passaggio economico il bene incrementi il suo valore. Ad esempio: un commerciante acquista prodotti per 100 euro e paga IVA (non compresa) per 22 euro. A seguito di lavorazioni effettuate decide di vendere questi prodotti a 120 euro IVA esclusa (26,4 euro). Il commerciante verserà allo stato la differenza tra l’IVA pagata in sede di acquisto merci e quella incassata con la vendita (26,4-22=4,4 euro). La direttiva europea 2006/112/EU stabilisce l’uniformità dell’imposizione indiretta in tutta l'Unione e sancisce che gli Stati membri devono fissare l'aliquota dell'IVA in misura minima al 15% (finora, quella più alta è fissata dall'Ungheria al 27%). In Italia, le aliquote sono tre: 4% (alberghi, bar, ristoranti e altri prodotti turistici, determinati prodotti alimentari, prodotti fitosanitari e particolari opere di recupero edilizio), 10% (generi alimentari di prima necessità, stampa quotidiana o periodica e la sola stampa dei libri, opere per l'abbattimento delle barriere architettoniche, alcuni tipi di sementi, fertilizzanti) e 22%. Un oggetto usato (automobile ma anche prodotti da mercatino) rientra in pieno nel calcolo dell’imposta con l’aliquota massima in caso di compravendita commerciale (non fra i privati, ovvio). Tale procedura rappresenta una forzatura in quanto in quest’ultimo caso il commerciante (se agisce come mediatore della vendita) non ha IVA a credito ma soltanto a debito. Sarebbe più logico inventarsi l’Imposta “sull’usato” piuttosto che applicare l’IVA su un bene che ha perso valore e non ne ha aggiunto. Recentemente, tale imposta è stata oggetto di minacciata crisi di Governo e non c’è stato organo d’informazione che non abbia illustrato la mannaia per le tasche degli italiani del passaggio dal 21 al 22 della percentuale dell’imposta da versare all’erario. Nel frattempo, però, negli ultimi anni c’è stato uno stillicidio di aumento nella tassazione sul prezzo della benzina (le famose accise). Ognuna di esse incide sulle nostre tasche di più dell’aumento dell’IVA. Questo perché il nostro sistema distributivo “corre su strada”. Ogni tipo di merce arriva a destinazione consumando benzina e perciò pur non aumentando l’imposta anche i beni di prima necessità costano oggi di più per effetto di questa scellerata decisione. Non solo, aumentare le accise (e l’IVA viene calcolata anche su queste tasse) comporta per il consumatore finale un minor utilizzo dell’automobile che è un bene storico per la nostra industria nazionale e che tra i suoi comparti offre il maggior numero di posti di lavoro. Detto ciò, e premettendo che occorre arrivare ad un lento ma graduale abbandono della dipendenza da idrocarburi, l’aumento del prezzo della benzina stabilito dallo Stato in sede di tassazione è una rivoltella carica puntata alla tempia di un malato molto grave.
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